L'Ospitalità di Gavi
OSPITALITA' - Non esattamente
solo alloggiare: "Hospitality"
nella lingua comune vuol dire "accoglienza degli ospiti", "buona accoglienza", "ospitalità".
Per esempio: "The host shows his hospitality" - L'anfitrione dimostra la sua ospitalità
.
Nel mondo del turismo, si, maggiormente significa le cose relazionate con gli
alberghi, ma copre anche tutte le questioni dell' accoglienza turistica,
non necessariamente solo gli alberghi.
Essendo un po' del mestiere, ma soprattutto per esperienze vissute e toccate con
mano, o "per sentito dire". Mi sono reso conto che in fondo l'accoglienza si
basa soprattutto sul cibo che ci accoglie. Alla fine di una vacanza, di un
viaggio o semplicemente un "fuori porta", la frase più ricorrente è sempre: "Ho
mangiato da dio." oppure: "Ho mangiato da schifo".
Sembra veramente che tutto si concentri sul cibo, se questi ci ha soddisfatto,
in fondo, tutto è andato bene.
E con questo deduco che ospitalità significa soprattutto cosa un territorio
offre culinariamente.
Dunque in questa pagina cerco di descrivere in maniera concisa (forse non del
tutto esauriente) e senza pretese ciò che Gavi e il suo circondario ha da
offrire riguardo il mangiare deliziosamente, genuino e unico, di fatto: "I
peccati di gola".
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HOSPITALITY - Not exactly: "Hospitality" in common language means "welcome a
guest"; " be well received". For example: "The host shows his
hospitality"
In the world of tourism, it's true, it means mostly things related with
hotels, but also covers all issues of tourist accommodation, not
necessarily just the hotels.
Being a bit connected with this matter, but specially experienced and firsthand
experienced, or "hearsay".
I realized that after all "hospitality" is based above all on the food
that welcomes us.
At the end of a holiday, a trip or simply an "out of town", the most common
phrase is always: "I ate very well, like a god."
or "I ate like crap".
It seems that everything really is concentrate on the food, if it pleased us,
all turned out well in the end.
And with that I conclude that hospitality means above all what delicious food a
location offers you.
Thus on this page I try to describe concisely (perhaps not entirely exhaustive)
and unpretentious what Gavi and the surrounding area has to offer about eating
deliciously, genuine and unique, in fact: "The sins of gluttony". |
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Gavi: Pressentaz/Storia/Leggenda - Capitale dei Lemurini - Il
Forte - Il Cortese - Di Gavi in Gavi
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Gavi: Pressentaz/Storia/Leggenda - Capitale dei Lemurini - Il
Forte - Il Cortese - Di Gavi in Gavi |
I peccati di gola...
Oltre al Cortese di Gavi,
sviluppatosi specialmente nella seconda metà del secolo scorso, in
queste zone si sono sempre prodotti e consumati Dolcetto e
Barbera, vini che venivano versati
anche nelle zuppe e minestre, non esclusi i ravioli, che a
Gavi ebbero i natali.
I ravioli, dal ripieno di
carni bovine e suine, legati con uova, formaggio, borragine e
scarola, dalla sfoglia sapientemente sottile, si mangiano anche con
il “tocco” il locale sugo di carne, oltre che col solo formaggio e
al naturale.
Dei ravioli faremo un discorso a parte più esauriente
qui di seguito
Famose anche le carni caprine e
ovine in umido, accompagnate da patate e legumi, i salamini con
fagioli e i piatti di trippa e fave. Taglierini e
lavagnette, chiamati anche stringoni, sono esaltati da
sughi di funghi, lepre, salsicce con piselli, di pomodoro e
origano, di basilico e aglio, cioè il pesto. I minestroni
variano secondo le stagioni, sempre ricchi e densi abbastanza da
mantenere ritto il cucchiaio.
Altra prerogativa locale, sono le
focacce: celebre quella stirata, oliata e salata del mattino e
quella con patate , rosmarino
o cipolla
del pomeriggio. Grande è la varietà di torte,
dalla verde a quella di riso, dalla Pasqualina a quella di bietole (gè).
Oltre i fritti nella “negia” (ostia) i fritti di latte brusco e di
verdure varie con fegato e animelle costituiscono un “misto” non
necessariamente pesante.
Varie anche le frittate, da quelle al
papavero, all’ortica, all’asparago selvatico, allo zucchino.
Un piatto rustico sono le lasagne ben
condite di olio e formaggio con pancetta, fagioli e ceci; dalla
farina di questo ultimo nascono le farinate e paniccie fritte.
Panissa o paniccie fritte
Particolarità locale sono poi i
gnocchetti, una insuperabile pasta per brodo fatta a
mano.
Gnocchetti
I funghi qui
sono di casa e se ne raccolgono
di varie qualità, il più prelibato "porcino" si trova in
abbondanza nella zona di Bosio e Voltaggio
nell'Appennino Ligure. Si cucinano in svariate e
appetitose maniere. Sono molto usati per i sughi di condimento
e conservati secchi e sott'olio.
Funghi Porcini
Oltre ai colli di volatili ripieni, abituale è a Gavi la
cima ed il pollo e coniglio in casseruola.
Il risotto al Gavi non deve far dimenticare il riso con piselli,
tipico di questa area, ma non da meno sono i
risotti con carciofi, salsiccia, filoni e funghi secchi
completato al forno.
A ricordo dei tempi in cui a Gavi
arrivava il pesce azzurro da Genova
attraverso "La via del sale", restano:
acciughe e sardine ripiene al tegame, gli sgombri in umido,
lo stoccafisso accomodato o all’ulivo,
pesce gaviese, anche se viene da lontano.
.
Stocafisso all'ulivo
L’insaccato principe di Gavi resta
la suina “testa in cassetta” , le parti morbide e
saporite dell testa del maiale insaccata a forma rettangolare
(come una cassetta), cotta bollita con speciali aromi e
servita fredda a fette.
Non dimentichiamoci del tartufo bianco che in
queste zone viene cercato e dissotterrato dal "trifulan" con
l'ausilio di cani addestrati alla ricerca.
Ricca è anche la tradizione
dolciaria: ricordiamo i canestrelli di pasta frolla, le schiumette,
il pandolce, il latte di gallina, i malfatti al miele e cortese ed i
supremi amaretti di Gavi fatti con la pasta di
mandorle.
I famosi Amaretti appena sfornati e spolverati. |
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The sins of gluttony...
Besides the Cortese di Gavi, developed especially in the second half of the
last century, these areas have always produced and consumed Dolcetto
and Barbera wines that were poured even in soups, not excluding the
ravioli, which were born in Gavi.
The ravioli, with the filling of beef and pork, bound with eggs, cheese,
borage and endive, and expertly made thin pastry, are also eaten
with the "toucco" the local meat sauce, as well as with just cheese.
Of the ravioli we will make a separate discussion more
exhaustive here below.
Also famous are the goat meat and mutton stew, accompanied by
potatoes and legumes, beans with sausages and dishes of tripe and
beans.
Cutters and slates, also called stringoni, are enhanced by sauces of
mushrooms, rabbit, sausages with peas, tomato and oregano, basil and
garlic, which is the pesto.
The soups vary according to the seasons, always rich and dense enough to keep
standing a spoon.
Another local prerogative, is the focaccia: famous stretched
kind of bread oiled and salted or with sugar on top eaten in the morning
as breakfast ; and with
potatoes, rosemary or onions in the afternoon.
Great is the variety of salted cakes, from green to that of rice,
the Pasqualina tarte,or that of beets.
Besides fried in milk abrupt various vegetables with the liver and sweetbreads
are a "mixed" not necessarily heavy.
Stretched or spread Focaccia
Also various omelets, of poppy, nettle, wild asparagus, and marrow.
A rustic dish is lasagne well seasoned with olive oil and cheese
with bacon, beans and chickpeas;
from the flour of chickpeas are made farinate and paniccie
fried.
Farinata: made with chickpeas flour, oil and rosemary.
Local peculiarities are also the gnochetti: insuperable small
pasta hand made.
Gnocchetti and the special grooved tablet to make them
Mushrooms are here at home there
are various qualities, also the
most delicious
"porcino" is
found in abundance in this area,
particularly by
Bosio and
Voltaggio in the Ligurian
Apennines. They are cooked
in various
appetizing ways. They are widely
used for
seasoning sauces
and preserved
dried and
in oil.
In addition to the stuffed necks of poultry, it is habitual in Gavi the "cima":
the thin muscles of the beef belly sewn as a bag and stuffed with
delightful ingredients, boiled and cutted in slices.
Cima
Gavi's risotto ( made with Gavi wine) should not obscure the rice with peas,
peculiar of this area, but not less are with artichokes, sausage,
dried mushrooms and baked at the end.
In memory of the time when in Gavi came the bluefish from Genova through "La
via del sale" (the way of the salt), stuffed sardines, fried
anchovies and mackerel, stewed stockfish or in olive were very
much in vogue.
Stoccafisso
"One
jewel of the crown" of Gavi is the swine testa in cassetta "boxed head", made with the
soft part of meat from the head of a pig, bagged as e box, boiled
with flavoring and spices and served cold cut in slices.
Testa in cassetta
To
not forget the
white truffles in these areas
are searched and
disinterred
from the "trifulan"
that searches them with
the help of a
trained dog.
Tartufi - Truffles
Very assorted
is also the confectionery tradition: The canestrelli made of
shortbread (kind of butter cookie) the schiumette (or
meringue made from a mixture of well-beaten egg whites
and sugar, baked until crisp),
the "pandolce"or sweet roll, the malfatti made with
honey and Gavi wine and the supreme amaretti di Gavi made
with almond paste
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Canestrelli, dolcetti di pastafrolla e schiumette
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Assorted butter cookie and amaretti |
Se si parla di Gavi, è certo che il
primo pensiero che sovviene al lettore appassionato gourmet sia
quello del celebre vino bianco, oggi importante DOCG del Piemonte.
Ma come già detto, Gavi non è solo vino e
custodisce altri tesori che sanno allietare il palato. Ma
attenzione! Che la ricetta sia l'originale, quella vera, quella
antica.
- Un Paese di chef: ecco l'immagine offerta dai
media di questa nostra Italia. Un'immagine ben lontana dalla realtà
dove, alla sovraesposizione mediatica dei soliti noti, corrisponde
un quadro di scarsa consapevolezza della nostra cultura
enogastronomica e una ancora minore attenzione alla qualità delle
materie prime e ai prodotti del territorio. Un fatto grave reso
ancora più drammatico dalla concentrazione del cibo nelle mani delle
grandi multinazionali, da una tracciabilità fatta di codici
alfanumerici assolutamente non intellegibili e da normative
farraginose spesso pensate più per la tutela dell'industria che non
per quella del prodotto, del produttore e del consumatore.-
Sono parole di Augusto Gentilli
nell'introduzione del suo nuovo volume " Monferrato con gusto".
Trovo che siano parole sante, che ci inducono a chiederci dove sono
finiti i veri sapori del passato. Dove sono finite le ricette vere,
quelle originali!, e non corrette e "riviste" da questo o quell'atro
chef di grido del momento.
Questo preambolo per introdurre quello che a Gavi nell'ambito
culinario è il fiore all'occhiello di Gavi: il raviolo.
Inventato qui ed esportato in tutto il mondo, o meglio,
imitato e modificato in mille maniere, ma la ricetta vera, originale
era e rimane quella gaviese, l'unica e la sola.
A Gavi, il raviolo regna sovrano sulla gastronomia locale, fin dai
tempi del Marchesato gaviese, con una sua peculiare ricetta. Si
narra che - fra il 1070 e il 1202 - questo tipo di pasta cominciò a
essere presente alla tavola della locanda della Famiglia Raviolo di
Gavi.
Ravioli al "tocco"
Oggi, la ricetta gaviese dei ravioli è custodita e tutelata
dall'Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi, fondato
nel 1973 da Carletto Bergaglio e che, nel proprio nome, fa rimando
all'appartenenza di questi luoghi all'antica Marca Obertenga,
circoscrizione territoriale del Sacro Romano Impero che nel 950
venne assegnata dal Re Berengario II ad Oberto I e che comprendeva,
dell'attuale Piemonte, le zone di Tortona, Novi Ligure e Ovada.
"La collocazione storico - geografica diede a Gavi la caratteristica
di essere sempre una terra di confine o frontiera. Gavi fu sempre
una città a vocazione agricola e vitivinicola. Essa tuttavia
sviluppò contemporaneamente l'aspetto commerciale, legato al fatto
che il suo territorio era ricco di bettole e locande sviluppatesi
per servire coloro i quali erano obbligati a fermarvisi per il
pagamento di gabelle e pedaggi.
Le tradizioni gastronomiche del gaviese ebbero, così, l'opportunità
di un continuo arricchimento delle conoscenze culinarie, conseguenti
al passaggio di viandanti e derrate alimentari, spesso mai
conosciute prima. L'ottima cucina che si sviluppò nel tempo in
seguito a queste favorevoli circostanze ebbe il suo culmine, secondo
la tradizione e secondo la leggenda, con l'attribuzione del nome
raviolo al - per certi versi già noto in altre forme - manufatto
culinario che tutti noi conosciamo per la sua caratteristica forma,
contenente un prelibato ripieno, per la cui preparazione la bettola
della famiglia Raviolo (presso il pedaggio di Gavi) sembrava
eccellere in maniera insuperabile.
Tale famiglia già nel XII e XIII
secolo aveva raggiunto una certa notorietà, tanto da diventare
nobile e da essere più volte citata dallo storico gaviese di fama
internazionale Cornelio Desimoni nei suoi "Annali della Città di
Gavi". Il fatto che questa famiglia già nel XIII secolo avesse
raggiunto la ricchezza e la nobiltà ci porta a considerare che la
sua emancipazione dalla modesta attività di osti fosse così antica
da ritenere plausibile il fatto che fosse stata la famiglia ad
attribuire il nome a tal pasta ripiena e non viceversa come qualcuno
presume.
Lo stemma araldico de' i Raviolo ebbe
nel simbolo una rotella per il taglio della pasta a forma di raviolo
appunto, con tre stelle sovrastanti. Ciò è stato certificato da
Angelo Scorza, forse il più noto ed autorevole studioso in questo
settore.
"La tradizione gastronomica gaviese è
profondamente legata alla preparazione ed alla degustazione dei
ravioli. Quasi ogni famiglia ha la sua particolare ricetta che non
prescinde, comunque, da un preparato base, che prevede l'utilizzo di
carne magra di maiale e di manzo, salciccia, borraggine e
maggiorana. La sfoglia di pasta deve essere preparata con poche uova
e deve essere quasi trasparente.
L'utilizzo di predetti ingredienti
distingue, spesso, il raviolo con il cugino agnolotto che - a
seguito della forma attualmente divenuta identica, ma che in passato
era diversa, cioè circolare - ha una connotazione più legata alle
tradizioni culinarie piemontesi dove, per lo più, i ravioli vengono
identificati quasi sempre con un ripieno a base di erbe e non di un
misto anche di carni le più svariate che, viceversa, possono anche
essere previste nella preparazione dell'agnolotto".
"Il condimento classico, sicuramente
il più gustoso, per i ravioli è il "tocco" o "tuccu" in dialetto
genovese, dialetto che ancora contraddistingue con detti ed
espressioni la parlata gaviese, che di piemontese ha ben poco. E'
necessario ricordare, infatti, che Gavi è appartenuta alla
Repubblica Genovese fino al 1814 ed ha, comunque, fatto parte della
provincia di Genova fino al 1859. Dalla fortunata coesione delle
ricette rivierasche con quelle dell'entroterra genovese di cui Gavi,
comunque, fa parte, nasce questa ricetta.
Il tocco è, se vogliamo come per i
ravioli, un fortunato accostamento di tante verdure e carni. Carne
di vitellone, quella parte che dal collo porta alle costole che in
genovese si chiama matamà e midollo di bue, funghi secchi, cipolla,
carota, gambo di sedano, ciuffo di prezzemolo, foglia d'alloro,
rametto di rosmarino, cucchiaio di concentrato di pomodoro, pelati,
olio di oliva e xtra vergine,
brodo di carne, vino bianco o rosso, cucchiaio di farina.
Una volta amalgamate le verdure con i
liquidi, si metterà assieme la carne a rosolare con fuoco molto
lento, sempre con poco liquido che non deve mai bollire, aggiungendo
quel po' di brodo che a parte si è tenuto da aggiungere. La cottura
deve durare almeno tre ore, fino a quando il tutto non si sia quasi
completamente liquefatto".
"I ravioli esaltano anche il proprio
sapore in tazza con mezzo - o più - bicchiere di vino, che un tempo
era esclusivamente rosso perché si mangiavano prevalentemente in
autunno e inverno, per la precisione dalla festività della Madonna
del Rosario. Per gustarli anche d'estate, il nostro Maestro Carletto
Bergaglio sosteneva che in questa stagione era da preferire un bel
vino bianco, ovviamente di Gavi. Il ripieno con la carne, affogando
nel vino, produce il gusto tipico del brodo, a cui si aggiunge la
specifica acidità del bianco gaviese fornendo, al tutto, un sapore
veramente unico.
Non è da meno il volersi godere il
gusto che il raviolo, in quanto tale, fornisce alle nostre papille
gustative: appena cotto, ancora un po' umido dell'acqua in cui è
bollito, con una spruzzatina di parmigiano sulla parte superiore, ma
con la parte retrostante completamente scondita, quindi a "culo
nudo", espressione assolutamente originale, coniata da Carletto
Bergaglio e che ora è di uso comune".
Diffusi in tutta Italia, questi
quadrati o rettangoli di pasta, dal ripieno variabile - carne, uova,
formaggio, verdure - e cotti nel brodo o nell'acqua, sono un tratto
marcante della gastronomia ligure, in special modo di quella
dell'area genovese, nella quale a buon titolo si comprendono anche
le zone appenniniche oggi appartenenti alla provincia Piemontese di
Alessandria, un tempo dominio della Superba Repubblica Marinara.
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If we talk about Gavi, it is certain that the first thought that occurs to the
reader avid gourmet is that of the famous white wine, today
important DOCG of Piedmont.
But as I said, Gavi is not only wine and preserves other
treasures that knows wet your appetite.
But be careful!
That the recipe is the original, the real one, the old one.
- A Country of chef: here is the image offered by the
media of our Italy.
An image far removed from the reality where the media
overexposure of the usual well informed, corresponds to a
framework of lack of awareness of our food culture and
scarse attention to the quality of raw materials and
products of the territory.
A serious fact made even more dramatic by the concentration
of food in the hands of big corporations, a traceability
made of alphanumeric codes absolutely unintelligible and
cumbersome regulations often thought more to protect the
industry than the product, the manufacturer and
the consumer.
-
Thise are words of Augusto Gentilli on the introduction of his new book
Monferrato con gusto, "Monferrato with taste."
I find that they are holy words, that lead us to wonder what
happened to the real flavors of the past.
Where are the true recipes of the past, the original!,
not the one corrected personalized by this or that chef
in auge.
This preamble to introduce what in Gavi is the culinary
flagship: the ravioli.
Invented here and exported all over the world, or rather, imitated and
modified in a thousand ways, but the true recipe, the
original was and remains the one of Gavi
In Gavi, ravioli reigns supreme on the local gastronomy,
since the time of the Marquis Gavi, with its own special
recipe.
It is said that - between 1070 and 1202 - this kind of dough began to be
present at the table of the inn of the family Ravioli
of Gavi.
Today, the Gavi ravioli recipe is guarded and protected by
the Order of Obertengo of the Knights of Raviolo and Gavi
wine, founded in 1973 by Carletto Bergaglio and that, in its
name, reference should be made to the membership of these
ancient places Brand Obertenga
territorial district of the Holy Roman Empire in 950 that was assigned by King
Berenger II Oberto I and which included the Piedmont, areas
of Tortona, Novi Ligure and Ovada.
"The location of the historical - geographic gave Gavi
the characteristic of being always a borderland or frontier.
Gavi was always a city in farming and wine producing.
However, it developed at the same time the commercial
aspect, linked to the fact that its territory was rich
of taverns and inns developed to serve those who were
obliged to stop there for the payment of gabelles and tolls.
The culinary traditions of Gavi had thus the opportunity of
a continuous enrichment of the culinary knowledge, resulting
from the passage of travelers and food, often never known
before.
The excellent cuisine that developed over time as a result
of these favorable circumstances culminated, according to
tradition and legend, with the naming of the raviolo - in
some ways already known in other forms - culinary artifact
that all
we know for its characteristic shape, containing a delicious filling, the
preparation of which the tavern family Ravioli (at the toll
of Gavi) seemed to excel.
The family already in the twelfth and thirteenth centuries
had attained some notoriety, becoming noble and to be often
cited by historian Gavi internationally renowned Cornelius
Desimoni in his "Annals of the City of Gavi".
The fact that this family already in the thirteenth century
had achieved wealth and nobility leads us to consider that
his emancipation from the modest activity of hosts was so
old to be considered plausible that the family had been able
to attribute the name to that stuffed pasta
and not vice versa as some assume.
The coat of arms of 'the Ravioli was a wheel symbol used for
cutting and shape the pasta ravioli.
This has been certified by Angelo Scorza, perhaps the best known and
authoritative studious in this area.
"The gastronomic tradition of Gavi is deeply linked to the
preparation and tasting of ravioli. Almost every family has
its own special recipe that can not be separated, however,
from a prepared base, which includes the use of lean pork
and beef, sausage
, borage and marjoram. The sheet of dough must be prepared with a few eggs and
must be almost transparent.
The use of the above ingredients distinguish, ravioli with
the cousin agnolotto that - as a result of the shape now
become identical, but in the past was different, was
circular - it has a connotation linked to the culinary
traditions of Piedmont where, for the most part
, the ravioli are identified almost always with a filling herbal and not of a
mixture of meats also the most varied that, vice versa, can
also be provided in the preparation dell'agnolotto ".
"The classic dressing , definitely the tastiest, for ravioli
is the "tocco" or "tuccu" in dialect Genovese, dialect that
still characterizes with the sayings and expressions spoken
in Gavi, Piedmont has little of that. We must remember
in fact, that Gavi belonged to the Republic of Genoa until
1814 and has, however, been part of the province of Genoa
until 1859. From successful cohesion of coastal recipes with
those of Genoa which Gavi, however, is part.
The "tocco" is, like the ravioli, a lucky combination of
lots of vegetables and meat.
Meat of beef, the part that leads from the neck to the ribs
that in Genoa is called "Matama" and beef marrow, dried
mushrooms, onion, carrot, celery, parsley bay leaf,
rosemary, a spoon of concentrate
tomato, peeled tomatoes, extra virgin olive oil, meat broth, white or red
wine, a tablespoon of flour.
Once you have mixed the vegetables with the liquid, you put
together the meat to brown with a very low heat, always with
a little liquid that should never boil, adding the little
broth that was held in part to add.
Cooking should last at least three hours, until the whole
has almost been completely melted.
"The ravioli also enhance their flavor in the cup with a
half - or more - glass of wine, which was once exclusively
red because they ate the ravioli mainly in the fall and
winter, to be precise from the feast of Our Lady of the
Rosary. To enjoy them also in
summer, our Master Carletto Bergaglio argued that in this
season was to prefer a nice white wine, of course Gavi. The
stuffed meat, drowning in wine, produces the typical flavor
of the broth, to which is added the specific acidity of
white
Gavi providing in all a truly unique flavor.
Also
wanting to enjoy the taste of the ravioli, as such,
freshly cooked, still a bit wet, eat them just with a
sprinkling of Parmesan cheese on top, but with
the rear part completely unseasoned, then "butt naked", completely
original expression, coined by Carletto Bergaglio and which
is now in common use. "
Ravioli a nudo o a culo nudo ("butt naked" ravioli).
Spread throughout Italy, these squares or rectangles of
dough, with a variable filling - meat, eggs, cheese,
vegetables - and cooked in broth or water, are suddenly
memorized on the Ligurian cuisine, especially in Genoa
, in the Apennines and in the Piedmont province of
Alexandria, once the domain of the Superb Maritime Republic
of Genova.
Alcune foto dei piatti sono
estratte dal sito di mia creazione
www.ristorantedellapace.it a San Cristoforo. Saluto
Guido e Anna e li ringrazio.
|
Dico io: "Sta a noi, non più giovani, riuscire a far comprendere alle nuove
generazione e alle nuove leve il vero valore del buon cibo, del buon vino, della
vera qualità. Purtroppo, nascono molte realtà improvvisate e "americanate", che
servono prodotti non di qualità e di origine e composizione ignota". |
Ravioli di Niccolò Paganini
Questa ricetta è stata ripresa da un manoscritto di
Paganini che si trova presso la Library del Congresso di
Washington (USA).
La sua pubblicazione in Taccuini Storici è stata possibile
grazie alla collaborazione di Renato Bino - Maestro Storiografo
- dell’Ordine Obertengo dei Cavalieri del Raviolo e del Gavi.
“Per una libbra e mezza di farina due libbre di buon manzo
magro per fare il suco. Nel tegame si mette del butirro, indi un
poco di cipolla ben tritolata che soffrigga un poco. Si mette il
manzo, e fare che prenda un po’ di colore. E per ottenere un
suco consistente si prende poche prese di farina, ed adagio si
semina in detto suco affinché prenda il colore. Poi si prende
della conserva di pomodoro, si disfa nell’acqua, e di
quest’acqua se ne versa entro alla farina che sta nel tegame e
si mescola per scioglierla maggiormente, e per ultimo si pongono
entro dei fonghi secchi ben tritolati e pestati; ed ecco fatto
il suco.
Ora veniamo alla pasta per tirare le sfoglie senza ovi.
Un poco di sale entro la pasta gioverà alla consistenza della
medesima.
Ora veniamo al pieno. Nello stesso tegame colla carne si fa in
quel suco cuocere mezza libbra di vitella magra, poi si leva, si
tritola e si pesta molto. Si prende un cervello di vitello, si
cuoce nell’acqua, poi si cava la pelle che copre il cervello, si
tritola e si pesta bene separatamente, si prende quattro soldi
di salsiccia luganega, si cava la pelle, si tritola e si pesta
separatamente. Si prende un pugno di borage chiamata in Nizza
boraj, si fanno bollire, si premono molto, e si pestano come
sopra. Si prendono tre ovi che bastano per una libbra e mezza di
farina. Si sbattano, ed uniti e nuovamente pestati insieme tutti
gli oggetti soprannominati, in detti ovi ponendovi un poco di
formaggio parmigiano. Ecco fatto il pieno.
Potete servirvi del capone in luogo del vitello, dei laccetti in
luogo di cervello, per ottenere un pieno piu’ delicato. Se il
pieno restasse duro, si mette nel suco.
Per il ravioli, la pasta si lascia un poco molla. Si lascia per
un’ora sotto coperta da un piato per ottenere le foglie
sottili.”
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